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Il risparmio gestito italiano è raddoppiato in termini di masse negli ultimi sette anni, nonostante l’impatto negativo delle crisi finanziarie del 2011 e del 2016. “Il principale motivo di tale anomalia è la stretta interconnessione tra asset manager e reti di distribuzione, entrambi prevalentemente di matrice bancaria, che hanno talvolta fatto emergere dei conflitti d’interesse che, a mio parere, sono destinati a ridursi considerevolmente in seguito all’applicazione della normativa MiFID II”, spiega Roberto Russo, amministratore delegato di Assiteca SIM. “Questo processo ha determinato un forte ritardo nella divulgazione della cultura finanziaria in Italia, principalmente a causa della errata percezione della figura del promotore (oggi consulente), spesso confusa dal cliente con quella del gestore”.

Nella realtà il consulente finanziario è colui che promuove i servizi dell’intermediario e il gestore è colui che prende le decisioni di investimento sulla base del profilo di rischio di ciascun cliente. “Un’altra anomalia del nostro sistema finanziario è la ridotta capitalizzazione del mercato borsistico domestico e il limitato numero di aziende quotate, nonostante l’Italia rappresenti la seconda potenza manifatturiera del vecchio continente. Va inoltre sottolineato che manca il ruolo dei fondi pensione come stabilizzatore delle quotazioni azionarie nei momenti di volatilità, in quanto tali operatori professionali sono purtroppo concentrati in larga parte su investimenti al di fuori delle mura domestiche”, spiega Russo. Secondo l’AD, entrambi i fattori sopra elencati rendono le nostre aziende quotate eccessivamente esposte agli attacchi speculativi. Negli Stati Uniti, al contrario, i fondi pensione svolgono anche un importante ruolo di paracadute anti speculativo nelle fasi critiche di mercato.

Antonello Sanna, CEO di SCM SIM, fa notare chela figura del consulente finanziario monomandatario è un unicum nel mercato europeo. “La nostra regolamentazione, che non è segmentata per attività, all’atto pratico, rende difficilissima la nascita di aziende che facciano realmente consulenza, per i livelli di costi insostenibili, soprattutto per i controlli”.

La differenza principale è che in Italia, a differenza dei principali mercati, anche chi non detiene gli asset, tipicamente chi fa consulenza, è soggetto alle stesse regole di chi custodisce il denaro. Chi fa consulenza al cliente non può detenere anche i suoi asset.  “Deve essere un modello assolutamente blindato. Per noi, la gestione è una modalità operativa della consulenza e non deteniamo il denaro della clientela”.

Questo modello è diffuso in USA, Svizzera e Regno Unito, mentre in Italia non è ancora così. “Noi abbiamo tanta strada da fare. Ad esempio le SIM senza detenzione non dovrebbero essere assoggettate alla normativa antiriciclaggio. Le segnalazioni, di fatto, sono duplicazioni delle attività della banca depositaria. Inoltre, l’industria dei Personal Financial Services è segnatamente verticalizzata, a discapito di un approccio consulenziale. In questo contesto tutto italiano la competizione non è chi ha il prodotto migliore, ma chi distribuisce meglio”.

Il mercato italiano, quindi, è dominato dagli operatori bancari e dalle reti di promozione finanziaria, trasformatesi quasi tutte in banche e quindi per molti versi accomunabili. “Al di fuori di questo perimetro, sono pochi gli operatori che offrono consulenza finanziaria, soprattutto su base indipendente. Il modello che si è imposto, e che ha avuto una sua funzione storica, è costoso: ha oneri infrastrutturali elevati che devono essere remunerati da attività di collocamento di prodotti finanziari, con la consulenza posta come corollario del collocamento”, spiega Luca Ferraris, responsabile centro studi di Tosetti Value – Il Family office. “In altri contesti europei, la quota di mercato dei consulenti finanziari indipendenti è maggiore, pertanto il mercato si è segmentato, e si è generata maggiore competizione, a vantaggio di minori costi e quindi dell’investitore finale”.

Anche Ambrosetti SIM si pone in una prospettiva diversa rispetto alla distribuzione che porta dietro a sé tipicamente una struttura onerosa ed incorpora potenziali conflitti di interesse. “Sicuramente all’estero la situazione è diversa soprattutto in Paesi come ad esempio il Regno Unito o l’Olanda, dove vi è una più alta concentrazione di IFA (Independent Financial Advisor)”, conclude Alessandro Allegri, amministratore delegato della SIM.