per l’Arte

Prospettive

Zanele Muholi
Nobody can love you more than you


Tosetti Value con la gentile collaborazione della Galleria del Cembalo, è lieta di presentare la mostra 
“Nobody can love you more than you”, una selezione di opere dal progetto “Somnyama Ngonyama”.

Somnyama Ngonyama, “Ave leonessa nera in Zulu, è il titolo del lavoro di Zanele Muholi, attivista visiva sudafricana impegnata nella lotta contro i pregiudizi razziali e di genere. Attingendo dal linguaggio del teatro l’artista interpreta vari personaggi e archetipi, utilizzando parrucche, costumi e oggetti di uso quotidiano. Contrastando la sua pelle e a volte schiarendosi le labbra accentua le proprie caratteristiche fisiche in una riaffermazione della sua identità nera.

All’interno dell’idea di auto-rappresentazione coesistono molte forze, spesso anche contrarie e controverse.
Nel guardare questi autoritratti, eventualmente per alcuni lunghi minuti, si viene colpiti da moltissime sensazioni e da livelli interpretativi a volte molto distanti gli uni dagli altri.

Esiste innanzitutto un livello decisamente umano di queste immagini, un luogo in cui non ci si può sottrarre alla domanda che coglie quasi tutti noi in molti momenti della nostra vita, «dove sto io?». A questa prima domanda guardando negli occhi Zanele, in tutto il suo riflettere di nero splendore, penso che molti di noi potrebbero trovarsi a distogliere lo sguardo velocemente. Stare davanti a una qualsiasi di queste fotografie è quindi prima di tutto un esercizio individuale di autovalutazione e di analisi profonda che, al fondo, lascia una sensazione conturbante, e quel senso di paragone scomodo nei confronti di una persona che si è messa, nuda, di fronte alla lente dell’obiettivo, esponendo sé stessa oltre qualsiasi misura privata.

Come secondo livello, quasi fosse una marea asincrona, arriva alla nostra coscienza quello più logico e razionale circa le motivazioni che sostengono questo sacrificio individuale così poco negoziabile. Per tentare di capirlo è necessario chiedersi cosa provi una minoranza nel vivere ogni giorno la propria condizione che è sia fisica e reale, che percettiva e ambientale. Sforzo, quest’ultimo, molto complesso per un cittadino italiano così distante dal concetto di minoranza nella società. Quello che potrebbe aiutarci è una frase pronunciata dalla stessa Zanele Muholi «You live as a black person for 365 days»: concetto urticante nella società della “giornata del” e delle campagne umanitarie da social network. Perché tutti noi ci ricordiamo dei neri (categoria utilizzata in questo caso a significare una qualsiasi minoranza, sia essa etnica, che di genere, che religiosa, che civile) massacrati nelle comunità africane o addirittura negli “evolutissimi” Stati Uniti d’America, quando ne abbiamo notizia, per un giorno o poco più; quanto è più complesso ricordarsi, a valle del cordoglio pubblico, che quelle persone rimarranno discriminate per i restanti 364 giorni. Ecco perché questi autoritratti vanno oltre il loro spazio fisico di pochi centimetri quadrati e approdano ad uno puramente ideale che sembra trasformarli in manifesti, in luoghi di esistenza per molte persone, e non solo per la stessa Zanele, in cui essere visibili, rispettati e, soprattutto, riconosciuti.

E poi c’è la fotografia per come ci appare, una donna con una coperta in testa, delle mollette, altri ammennicoli più o meno casalinghi e riconoscibili: sono i segni di cui l’artista ha voluto comporre il proprio rosario visuale. Alcuni, come ci suggeriscono le sue parole, richiamano specifici momenti della storia collettiva, come l’immagine in cui indossa un cappello da minatore e occhiali protettivi, con un’espressione di shock impressa sul viso, per ricordare il massacro di Marikana del 2012, in cui 34 minatori in sciopero furono uccisi dalla polizia. Altri sono suggestioni, che proiettate ai nostri occhi aprono porte incontrollate, a seconda di come quell’esile elemento possa essere stratificato nel terreno culturale della nostra contemporaneità: un velo a cingere la testa, delle grucce, strisce di scotch, componenti di un dispositivo anche emotivo che proprio come sassi lanciati in uno stagno compiono i loro cerchi dentro di noi.

Un progetto di Tosetti Value per l’Arte in collaborazione con
Galleria del Cembalo

Zinathi 1, Johannesburg 7010OP
Aperture: 2.5
Camera: Canon EOS 6D
Iso: 12800
Orientation: 1
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Catalogo della mostra